L’art. 5 DLgs 209/2023 ha modificato il regime degli impatriati previsto dall’art. 16 DLgs 147/2015.
Il nuovo regime decorre dal 01/01/2024 in favore dei soggetti che trasferiscono la residenza fiscale dal 2024 e le novità sono:
- Detassazione dei redditi nella misura del 50% rispetto alla precedente percentuale del 70%
- L’importo massimo del reddito agevolabile è fissato in euro 600.000 su base annua
- Il beneficio riguarda solamente i lavoratori che siano in possesso di elevata qualificazione e specializzazione previsti dal DLgs 108/2012 e dal DLgs 206/2007
Tipologie di redditi agevolati
Rientrano nell’agevolazione solamente i redditi prodotti in Italia da soggetti che trasferiscono la loro residenza fiscale nel territorio dello Stato. Le categorie di reddito agevolabili sono: redditi di lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni. La nuova normativa prevede l’esclusione dei redditi d’impresa.
Territorialità dei redditi
L’agevolazione, come detto, fa riferimento ai soli redditi prodotti in Italia e vengono esclusi i redditi dell’attività lavorativa svolta all’estero ma si considerano prodotti in Italia redditi di lavoro dipendente e redditi di lavoro autonomo prestati in Italia anche se remunerati da un soggetto estero, ad eccezione dei compensi degli amministratori che, se inquadrati come para subordinati, si considerano di fonte italiana se corrisposti da società residenti in Italia.
Non si considerano prodotti in Italia i redditi che derivano dall’attività lavorativa svolta all’estero, prima del trasferimento in Italia, nel periodo d’imposta in cui viene acquisita la residenza fiscale in Italia, nonché quelli derivanti dall’eventuale attività lavorativa resa in distacco all’estero. Mentre i redditi derivanti da attività svolta in trasferta possono entrare nei redditi agevolabili se i giorni di trasferta sono inferiori a 183 giorni.
Sono esclusi anche i bonus e altre componenti variabili della remunerazione che vengono percepiti nei periodi d’imposta in cui l’impatriato ha la residenza fiscale in Italia, ma che si riferiscono a prestazioni lavorative svolte in periodi precedenti al rientro.
Infine, i redditi derivanti da rapporto di lavoro dipendente, redditi assimilati e redditi di lavoro autonomo maturati per prestazioni rese nei periodi d’imposta in cui si gode del beneficio ma gli stessi verranno percepiti in periodi successivi a quelli in cui il regime viene applicato, questi concorreranno a formare il reddito nel periodo di percezione senza poter beneficiare dell’agevolazione.
Incompatibilità con il regime forfettario
La Circolare Agenzia delle Entrate 28/12/2020 n.33 ha dichiarato che la possibilità concessa alle partite IVA individuali di determinare il reddito in forma forfetaria con conseguente tassazione attraverso imposta sostitutiva, è incompatibile con l’agevolazione dei lavoratori impatriati.
È data facoltà, al contribuente, di poter scegliere se uscire dal regime forfetario ed applicare il regime agevolativo dei lavoratori impatriati.
Condizioni di accesso al regime agevolato
Per poter beneficiare di detto regime, i lavoratori che trasferiscono la loro residenza in Italia devono soddisfare tutti i seguenti requisiti:
- Impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo non inferiore a quattro anni
- Non essere stati fiscalmente residenti in Italia per un numero minimo di periodi d’imposta precedenti il loro trasferimento che è fissato in 3 ma può essere anche 6 o 7 se il lavoratore lavori in Italia per lo stesso datore di lavoro presso cui era impiegato all’estero o a favore di un soggetto appartenente allo stesso gruppo di quello in cui era impiegato all’estero.
- Prestare l’attività lavorativa per la maggior parte del periodo d’imposta in Italia
- Essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione
I requisiti sopracitati, devono essere rispettati sia da lavoratori impatriati che svolgono attività di lavoro subordinato, sia dai lavoratori autonomi, lavoratori che sono cittadini italiani ma anche stranieri, comunitari o extracomunitari
Impegno a risiedere in Italia per almeno quattro anni
Come detto, uno dei requisiti da rispettare per poter beneficiare di detto regime, è essenziale che i lavoratori si impegnino a risiedere in Italia per un periodo non inferiore a quattro anni. Nel caso in cui questa condizione non fosse mantenuta, “il lavoratore decade dai benefici e si provvede al recupero di quelli già fruiti, con applicazione dei relativi interessi” e non anche di sanzioni.
Periodo minimo di residenza pregressa all’estero
Un ulteriore requisito richiesto fa riferimento al fatto che il lavoratore non abbia avuto residenza fiscale in Italia nei 3 periodi d’imposta precedenti il trasferimento della sua residenza fiscale nel territorio dello Stato.
Se il lavoratore non è stato, in precedenza impiegato, in Italia ma continuerà a prestare l’attività lavorativa a favore dello stesso soggetto presso il quale era impiegato prima del trasferimento della residenza, il requisito di residenza all’estero è di 6 periodi d’imposta. Gli anni di residenza pregressa all’estero salgono a 7 nel caso in cui, il lavoratore, prima di essersi trasferito all’estero, fosse stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto del gruppo.
Svolgimento dell’attività lavorativa in Italia
Viene richiesto che l’attività lavorativa deve essere “prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato”, ovvero per un periodo superiore a 183 giorni in un anno. Vengono conteggiati anche “le ferie, festività, risposi settimanali e altri giorni non lavorativi”, ma non possono essere ricompresi i giorni di trasferta di durata superiore a 183 giorni o il distacco all’estero perché in tal caso l’attività lavorativa viene svolta solamente all’estero e non in Italia.
Se non viene rispettato il requisito della prevalenza, il regime non decade, ma viene meno solo nel periodo d’imposta in cui non viene rispettata la prevalenza.
Infine, non è richiesto che il datore di lavoro sia necessariamente residente in Italia ma possono beneficiare di tale regime anche i lavoratori che svolgono l’attività nel territorio dello Stato ma i datori di lavoro/committenti sono residenti all’estero. I lavoratori che accedono a tale regime possono essere impiegati anche verso soggetti che non sono imprese.
Smart working
L’accesso al regime è concesso anche ai lavoratori che si trasferiscono in Italia ma continuino a prestare attività lavorativa, in smart working, ad un datore non residente.
La nuova norma, richiede come detto, il requisito di residenza estera pregressa di 6/7 anni nel caso in cui il datore non cambi.
Non possono, invece, beneficiare dell’agevolazione i lavoratori che, trasferitosi in Italia, poi traslochino all’estero ma continuino a svolgere la propria prestazione, dal nuovo paese, in favore dello stesso datore italiano, i redditi, in tal caso, vengono considerati prodotti fuori dallo Stato.
Qualificazione e specializzazione
I soggetti che aderiscono a tale regime, devono, secondo l’art. 5 co.1 del DLgs 209/2023, essere “in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206”.
Inoltre, la circ. Agenzia delle Entrare 23.5.2017 n.17 ha chiarito che “tale requisito ricorre nelle ipotesi di:
- Conseguimento di un titolo di istruzione superiore rilasciato da autorità competenti nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011 attestata dal paese di provenienza e riconosciuta in Italia”
- Possesso dei requisiti previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n.206, limitatamente all’esercizio delle professioni ivi regolamentate.
Per quanto riguarda il secondo punto, è facilmente individuabile il possesso dei requisiti perché viene fatto riferimento a quanto richiesto per l’iscrizione in Ordini, Collegi o in albi. Mentre il primo punto è di più difficile individuazione, ma, considerando che il D.Lgs 108/2012 è stato emanato a seguito dell’attuazione della direttiva europea 25.9.2009 n. 2009/50/CE la quale indica “titoli di istruzione superiore” quelli corrispondenti ai livelli ISCED quinto e sesto, è possibile dunque ritenere che è necessario fare riferimento ai corsi di laurea triennale o equivalenti ma anche a titoli non universitari che forniscono conoscenze, abilità e competenze professionali specialistiche con un forte orientamento al mercato del lavoro.
Misura dell’agevolazione
La percentuale di detassazione corrisponde al 50% ed è applicabile ad un importo massimo dei redditi di 600.000 euro su base annua.
La percentuale può essere aumentata al 60% nel caso in cui il soggetto:
- Si trasferisca in Italia con un figlio minore
- Diventa genitore (per nascita o per adozione di minore) durante il periodo in cui fruisce dell’agevolazione. In questo caso il beneficio partirà dal periodo d’imposta in cui è avvenuto l’evento.
La maggiore agevolazione, però, vale solo se, il figlio minore sia residente in Italia durante la fruizione del regime agevolativo.
Durata dell’agevolazione
Il regime agevolativo viene applicato, secondo quanto previsto dall’art. 5 DLgs. 209/2023, “a partire dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e nei quattro periodi d’imposta successivi”.
È possibile prorogare l’agevolazione, per altri 3 periodi d’imposta nel caso in cui:
- Il lavoratore trasferisca, nel 2024, anche la residenza anagrafica in Italia
- Il soggetto ha acquistato “un’unità immobiliare di tipo residenziale adibita ad abitazione principale”, sempre in Italia, entro il 31.12.2023.
Sono esclusi, dalla proroga i soggetti che, entro il 31.12.2023, hanno solamente sottoscritto un preliminare d’acquisto. Inoltre, non è prevista nessuna tutela per i soggetti che trasferiscono la residenza anagrafica nel 2024 e acquistano l’immobile nello stesso anno.
Modalità di fruizione del beneficio
Non sono previsti particolari adempimenti, è prevista continuità con la disciplina previgente ovvero il lavoratore dipendente che volesse aderire al beneficio, dovrà inviare una richiesta scritta al datore di lavoro il quale applicherà il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta.
Nel caso in cui il datore di lavoro “non abbia potuto riconoscere l’agevolazione” in quanto non è in possesso di garanzie di dati forniti dal lavoratore, il contribuente, salvo presenza dei requisiti, potrà fruirne direttamente nella dichiarazione dei redditi.
Per quanto riguarda i lavoratori autonomi, l’agevolazione è fruita direttamente nella dichiarazione.
Esclusione delle dichiarazioni integrative
L’Agenzia delle Entrate, con interpello n 59 del 13.02.2020 ha negato la possibilità di beneficiare del regime agevolativo attraverso dichiarazioni integrative.
La circolare n. 33/2020 ha confermato che, se il soggetto non abbia aderito, per scelta o per errore, al regime agevolativo nel momento in cui ha presentato la dichiarazione, potrà avvalersene attraverso una “correttiva nei termini” o presentarla entro 90 giorni dalla scadenza del termine, indicando reddito in misura ridotta; è impedita la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi “integrativa a favore”; se i termini sono scaduti, resta la possibilità per il contribuente di fruire del regime in esame per i restanti periodi d’imposta del quinquennio agevolabile.